Ieri mi domandavo se era possibile evitare una guerra in Libia per combattere l’ISIS. Che da lì minaccia l’Italia.
Per formazione, per scelta, ho sempre sostenuto che ci deve essere un’alternativa alla guerra, ma la strana forma dell’ISIS, che non è uno Stato (anche se si definisce così), non ha organismi diplomatici, non ha confini, se non quelli che si prende con la forza, la stranezza insomma di questa formazione, rende oggettivamente difficile la via diplomatica.
Oggi, ad un’analisi più attenta, possiamo sostenere che non c’è alternativa alla pace.
Ecco le (almeno) 5 buone ragioni per far partire subito, subito, un processo diplomatico e non violento per uscire dalla crisi libica, rischiosissima per noi.
1) LA GUERRA FAREBBE PIU’ DANNI
E’ opinione comune di molti osservatori. La presenza di soldati in Libia, anche sotto l’egida ONU, compatterebbe contro, quella galassia informe di milizie di cui oggi è impastato il Paese. L’intervento militare non porterebbe sollievo, aumenterebbe il caos, la violenza, le morti innocenti e l’odio antioccidentale. Ha scritto Lucio Caracciolo, direttore di Limes: “Una campagna militare di crociati e apostati: al-Baghdadi non potrebbe chiedere di più”.
2) RISOLVERE PRIMA IL CAOS POLITICO
La Libia è un Paese che non esiste, spaccato, con due parlamenti e due governi. Stabilizzarlo dovrebbe essere il primo obiettivo, anzi doveva esserlo già dal 2011, dopo l’improvvida mossa armata che Sarkozy impose alla coalizione internazionale. Ma stabilizzarlo come? Oggi Vincenzo Nigro su Repubblica cita un report internazionale, secondo il quale sarebbe un successo se nascesse un autogoverno locale con l’appoggio delle mafie locali, “sulla scorta di quanto accaduto in Italia per decenni col placet del potere centrale”, dice l’anonimo analista citato con virgolette da Rep. Al di là del cinismo, l’obiettivo è chiaro: senza governabilità un Paese non può essere interlocutore. (Aggiungo però: il cinismo in politica paga subito, ma esige conti salatissimi. Guardare per esempio ai disastri USA in Sud America e Medioriente per farsi un’idea).
3) PIANO MARSHALL
Con un Paese stabilizzato, e quindi con un interlocutore certo, dovrebbe immediatamente scattare un Piano Marshall per la Libia, come quello degli USA che ha permesso la ricostruzione dell’Europa occidentale dopo la Seconda Guerra Mondiale.
4) OBIETTIVO: ISOLARE L’ISIS
In un Paese stabilizzato e con prospettive di crescita, l’Isis sarebbe isolato e senza argomenti.
5) FARE PRESTO
Ma non c’è tempo da perdere. Oggi Andrea Riccardi sul Corriere della Sera Romano lancia Romano Prodi come l’uomo del dialogo “con un largo mandato internazionale”. Prodi ha l’esperienza, le relazioni per fare bene. Il punto è iniziare a fare.
La stessa domanda che mi sono posto da un po’ di tempo, da quando l’ISIS ha cominciato ad uccidere in Siria… ora che sono il Libia forse quell’ultimo punto “fare presto” è già superato! Forse, anche se spero di no, ora che sono in Libia è già tardi! E pensare che il problema si risolva con un intervento diplomatico solo in Libia è riduttivo ed inutile. E pensare i intervenire solo perché la Libia “confina” con l’Italia credo sia mero provincialismo.
L’azione diplomatica deve coinvolgere ONU e l’intero medio oriente con azioni non solo il Libia ma anche in Siria, Pakistan, Egitto, Iraq, Iran ecc.