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Quando Benedetto rispose alla piccola Elena (VIDEO)

Nella sua infaticabile azione per dare ragione della Speranza Papa Benedetto il 22 aprile del 2011 accettò di rispondere alle domande dei telespettatori. Non era mai accaduto prima.

Una proposta folle, la nostra. Ma il Papa rispose Sì.

Dovevano essere solo tre, poi ne arrivarono talmente tante che chiedemmo al Papa di potergliene rivolgere sei, che alla fine diventarono sette, quando se ne aggiunse una da un Paese in guerra.

Un momento dell’intervista a Papa Benedetto XVI

I telespettatori di A Sua Immagine tirarono fuori domande bellissime, drammatiche, vere, di una potenza incredibile.

Per esempio Elena, 7 anni, dal Giappone (con una nonna italiana).

Aveva perso i suoi amici nel terremoto di un mese prima (il più forte della storia del suo Paese, quasi 16 mila morti, senza contare i danni alla centrale nucleare di Fukushima): “Ho tanta paura perché la casa in cui mi sentivo sicura ha tremato e molti miei coetanei sono morti. Non posso andare a giocare nel parco. Chiedo: perché devo avere tanta paura? Perché i bambini devono avere tanta tristezza? Chiedo al Papa, che parla con Dio, di spiegarmelo”.

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PALMIRA, IL RITORNO DELLA CIVILTA’

AL TERMINE DEL POST IL CONCERTO INTEGRALE

Bisogna riconoscere al presidente russo Vladimir Putin una sapienza comunicativa degna di Hollywood, se a poche settimane dalla liberazione dell’area archeologica siriana di Palmira, danneggiata dall’Isis, è stato capace di portare proprio lì l’orchestra filarmonica del teatro Marinski di San Pietroburgo per un concerto di musica classica.

Palmira concerto

C’erano musicisti, pubblico, le telecamere del canale di Stato russo che hanno garantito una lunga diretta, e poi, non visti, elicotteri e forze di terra che presidiavano la zona, con un nervosismo per niente tipico dei concerti dove si suona Bach o Prokofiev.

Le immagini sono meravigliose, dicono una sola cosa: il ritorno della civiltà. Punto. C’è poco da dire.Palmira concerto2

Con un di più: questa volta il simbolo superava il simbolismo. In occidente ci siamo specializzati in simboli e segni dopo le tragedie: marce, corse, nastri, la nostra (piccola) risposta è ormai affidata a cose così, banalità che impegnano poco ma danno l’idea di una (sofferta) partecipazione. Di concerti “per” la pace e “contro” la guerra se ne fanno anche da noi. A Palmira però c’era il dato reale, l’occupazione fisica del luogo simbolo della barbarie del sedicente stato islamico. Occupare con la musica Palmira è stato faticoso, rischioso, ma estremamente affascinante e significativo.

Colpisce accostare le due foto: quella di pochi mesi fa, con le esecuzioni operate in quel teatro all’aperto dall’Isis e quella del concerto. Le esecuzioni sul palco, il concerto sotto il palco.

palmira ieri e oggi

L’orrore e la meraviglia, nello stesso luogo, a distanza di pochi mesi.

Ecco la diretta integrale del concerto.