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Commento al Vangelo 4 dicembre, di padre Ermes Ronchi

Da AVVENIRE – 

QUELLE «BUONE NOVELLE» NELLA VITA DI OGNI GIORNO

II Domenica di Avvento – Anno B

Inizio del Vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio (…). Vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati (…). E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

Il Vangelo di questa domenica è chiuso tra due parentesi che subito dilatano il cuore.

La prima: inizio del vangelo di Gesù. E sembra quasi una annotazione pratica, un semplice titolo esterno al racconto. Ma il sigillo del senso è nel termine «vangelo» che ha il significato di bella, lieta, gioiosa notizia. Dio si propone come colui che conforta la vita e dice: «Con me vivrai solo inizi, inizi buoni!» Perché ciò che fa ricominciare a vivere, a progettare, a stringere legami è sempre una buona notizia, un presagio di gioia, uno straccetto di speranza almeno intravista. Infatti è così che inizia la stessa Bibbia: Dio guardò e vide che era cosa buona!

La bella notizia di Marco è una persona, Gesù, un Dio che fiorisce sotto il nostro sole. Ma fioriscono anche altri minimi vangeli, altre buone notizie che ogni giorno aiutano a far ripartire la vita: la bontà delle creature, le qualità di chi mi vive accanto, i sogni coltivati insieme, le memorie da non dimenticare, la bellezza seminata nel mondo che crea ogni comunione. A noi spetta conquistare sguardi di vangelo! E se qualcosa di cattivo o doloroso è accaduto, buona notizia diventa il perdono, che lava via gli angoli oscuri del cuore. Infine la parentesi finale: Viene dopo di me uno più forte di me. Giovanni non dice: verrà, un giorno. Non proclama: sta per venire, tra poco, e sarebbe già una cosa grande.

Ma semplice, diretto, sicuro dice: viene. Giorno per giorno, continuamente, adesso Dio viene. Anche se non lo vedi, anche se non ti accorgi di lui, viene, in cammino su tutte le strade. Si fa vicino nel tempo e nello spazio. Il mondo è pieno di tracce di Dio. C’è chi sa vedere i cieli riflessi in una goccia di rugiada, Giovanni vede il cammino di Dio nella polvere delle nostre strade. E ci aiuta, ci scuote, ci apre gli occhi, insinua in noi il sospetto che qualcosa di determinante stia accadendo, qualcosa di vitale, e rischiamo di non vederlo: Dio che si fa vicino, che è qui, dentro le cose di tutti i giorni, alla porta della tua casa, ad ogni risveglio.

La presenza del Signore non si è rarefatta in questo mondo distratto, il Regno di Dio non è stato sopraffatto da altri regni: l’economia, il mercato, l’idolo del denaro. Io credo che il mondo è più vicino a Dio oggi di dieci o vent’anni fa. Me lo assicura la libertà che cresce da un confine all’altro della terra, i diritti umani, il movimento epocale delle donne, il rispetto e la cura per i disabili, l’amore per l’ambiente…

La buona notizia è una storia gravida di futuro buono per noi e per il mondo, gravida di luce perché Dio è sempre più vicino, vicino come il respiro, vicino come il cuore. Profumo di vita.

(Letture: Isaia 40,1-5.9-11; Salmo 84; 2 Pietro 3,8-14; Marco 1,1-8)

 

La domenica di Padre Ronchi

IL PIU’ GRANDE E’ CHI AMA DI PIU’

Da Avvenire, il commento di padre Ermes Ronchi al Vangelo di domenica 30 ottobre

XXXII domenica tempo ordinario – Anno A

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno (…) Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste (…) Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

 

Il Vangelo evidenzia due questioni di fondo, che chiunque desideri una vita autentica deve affrontare. La prima: essere o apparire. La seconda: l’amore per il potere. Praticate ciò che vi dicono, ma non fate secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. La severità di Gesù non va contro la debolezza di chi vorrebbe ma non ce la fa, bensì contro l’ipocrisia di chi fa finta. Verso la nostra debolezza Gesù si è sempre mostrato premuroso, come il vasaio che, se il vaso non è riuscito bene, non butta via l’argilla, ma la rimette sul tornio e la plasma di nuovo, fino a che realizza il suo progetto.

Gesù non sopporta gli ipocriti. Ipocrita (termine greco che significa “attore di teatro”) è il moralista che invoca leggi sempre più dure, ma per gli altri (legano pesi enormi sulle spalle delle persone, ma loro non li toccano con un dito); ipocrita è l’uomo di Chiesa che più si mostra severo e duro con gli altri, più si sente giusto, vicino a Dio (mentre è vicino solo alla propria aggressività o invidia verso i fratelli). Paolo oggi dice: «Avrei voluto darvi la mia vita». L’ipocrita dice: «Vi ho dato la legge, sono a posto». L’ipocrita non si accontenta di essere peccatore, vuole apparire buono. E con la sua falsa virtù fa sì che gli uomini non si fidino più neanche della virtù autentica. Gesù poi stigmatizza un secondo errore che rovina la vita: l’amore del potere. Non fatevi chiamare maestro, dottore, padre, come se foste superiori agli altri. Voi siete tutti fratelli. E già questo è un primo grande capovolgimento: tutti fratelli, nessuno superiore agli altri, relazione paritaria e affettuosa.

Ma a Gesù questo non basta, e opera un ulteriore capovolgimento: il più grande tra voi è colui che serve. Il più grande è chi ama di più. Il mondo ha bisogno d’amore e non di ricchezza per fiorire. E allora il più grande del nostro mondo sarà forse una mamma sconosciuta, che lavora e ama nel segreto della sua casa, o nelle foreste d’Africa, o uno di voi che legge, o colui o colei che vi è vicino. Gesù rovescia la nostra idea di grandezza, ne prende la radice e la capovolge al sole e all’aria e dice: tu sei grande quanto è grande il tuo cuore. Siete grandi quando sapete amare, quando sapete farlo con lo stile di Gesù, traducendo l’amore nella divina follia del servizio: sono venuto per servire non per essere servito. È l’assoluta novità di Gesù: Dio non tiene il mondo ai suoi piedi, è Lui ai piedi di tutti. Dio è il grande servitore, non il padrone. Lui io servirò, perché Lui si è fatto mio servitore. Servizio: nome nuovo, nome segreto della civiltà.

(Letture: Malachia 1, 14-2, 2.8-10; Salmo 130; 1 Tessalonicesi 2, 7-9.13; Matteo 23, 1-12)

La domenica di padre Ronchi

Da Avvenire, il commento di padre Ermes Ronchi al Vangelo di domenica 23 ottobre –

AMARE, «L’UNICO» COMANDAMENTO.

XXX Domenica Tempo ordinario – Anno A.

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Qual è il grande comandamento? Gesù risponde indicando qualcosa che sta al centro dell’uomo: tu amerai. Lui sa che la creatura ha bisogno di molto amore per vivere bene. E offre il suo Vangelo come via per la pienezza e la felicità di questa vita. Amerai Dio con tutto, con tutto, con tutto.

Per tre volte Gesù ripete che l’unica misura dell’amore è amare senza misura. Ama Dio con tutto il cuore: totalità non significa esclusività. Ama Dio senza mezze misure, e vedrai che resta del cuore, anzi cresce, per amare i tuoi familiari, gli amici, te stesso. Dio non è geloso, non ruba il cuore: lo moltiplica.

Ama con tutta la mente. L’amore rende intelligenti, fa capire prima, andare più a fondo e più lontano. Ama con tutte le forze. L’amore rende forti, capaci di affrontare qualsiasi ostacolo e fatica. Da dove cominciare? Dal lasciarsi amare da Lui, che entra, dilata, allarga le pareti di questo piccolo vaso che sono io. Noi siamo degli amati che diventano amanti. Domandano a Gesù qual è il comandamento grande e Lui invece di un comandamento ne elenca due: amerai Dio, amerai il prossimo.

Gesù non aggiunge nulla di nuovo: il primo e il secondo comandamento sono già scritti nella Bibbia. Eppure dirà che il suo è un comando nuovo. Dove sta la novità? Sta nel fatto che le due parole fanno insieme una sola parola, l’unico comandamento. E dice: il secondo è simile al primo. Amerai l’uomo è simile ad amerai Dio. Il prossimo è simile a Dio.

Questa è la rivoluzione di Gesù: il prossimo ha volto e voce e cuore simili a Dio. Il volto dell’altro è da leggere come un libro sacro, la sua parola da ascoltare come parola santa, il suo grido da fare tuo come fosse parola di Dio. «Sul tuo corpo volteggiano angeli / come intorno a una chiesa /… e di Lui sono i tuoi occhi» (Turoldo).

Amerai il tuo prossimo come ami te stesso. È quasi un terzo comandamento sempre dimenticato: «ama te stesso», perché sei come un prodigio, porti l’impronta della mano di Dio. Se non ami te stesso, non sarai capace di amare nessuno, saprai solo prendere e possedere, fuggire o violare, senza gioia né gratitudine. Se per te desideri pace e perdono, questo tu offrirai all’altro. Se per te desideri giustizia e rispetto, tu per primo li darai.

Ma perché amare, amare con tutto me stesso? Perché portare il cuore a queste vertigini? Perché dare e ricevere amore è ciò su cui posa la beatitudine della vita. Perché Dio-amore è l’energia fondamentale del cosmo, e amando partecipi di questa energia: quando ami, è il Totalmente Altro che viene perché la storia sia totalmente altra da quello che è.

(Letture: Esodo 22, 20-26; Salmo 17; 1 Tessalonicesi 1, 5c-10; Matteo 22, 34-40)

 

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