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MAYAT, 17 ANNI: “IO, PRIGIONIERA DELL’ISIS”

Devo confessarvi che mi trovo davanti a notizie che mi sembrano arrivare dai secoli più bui della storia.

Ad esempio, prendete l’ISIS che vuole fondare lo Stato islamico, aggiungeteci che tra i tanti abomini, cerca di cancellare dalla faccia della Terra gli Yazidi, una minoranza di lingua curda.  Amnesty International lancia in queste ore un allarme soprattutto in riferimento alla condizione delle ragazze rapite ma l’allarme cade nel vuoto.

Io qui lo rilancio e pubblico due storie che mi lasciano senza fiato.

MAYAT: PRIGIONIERA A 17 ANNI

Parla Mayat, una ragazzina prigioniera dell’ISIS.

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Dove vive?

«In una grande casa, saremmo una quarantina di ragazze. La prego non scriva il mio nome, perché sono così imbarazzata per ciò che m’infliggono. Una parte di me vorrebbe morire. Ma un’altra parte spera ancora di salvarsi e di poter riabbracciare i genitori. E’ così che vado avanti».

Cosa vi fanno?

«Abusano di noi. I nostri aguzzini non risparmiano neanche quelle che hanno un figlio piccolo con loro. E non salvano neppure le bambine: alcune non hanno compiuto neanche 13 anni. Loro sono quelle che reagiscono peggio a questo schifo. Ce ne sono alcune che hanno smesso di parlare. Una s’è strappata i capelli e l’hanno portata via».

Dove avvengono le violenze?

«All’ultimo piano della casa. Ci sono tre stanze per le violenze. Le stanze degli orrori. Ci trattano come se fossimo le loro schiave. Ci stuprano anche tre volte al giorno».

Chi sono i vostri stupratori?

«Non lo so. Alcuni sono vecchi, altri giovani. Alcuni sono vestiti come dei militari, altri indossano gli abiti degli arabi, altri ancora sono persone apparentemente normalissime. La notte, anche i nostri carcerieri ci saltano addosso. Veniamo date in pasto a uomini sempre diversi. Alcuni arrivano addirittura dalla Siria. Ci minacciano e ci picchiano quando tentiamo di resistere. Spesso vorrei che mi picchiassero abbastanza forte da uccidermi. Ma sono dei vigliacchi anche in questo: nessuno ha il coraggio di mettere fine al nostro supplizio.

Vorrei che gli americani si sbrighino a farli fuori tutti, o che mi centrino con una loro bomba, perché io non so quanto resisterò. Hanno già ucciso il mio corpo. Stanno uccidendo anche la mia anima».

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