Rosario Carello a DM: “Parlo di fede anche ai non credenti. Benedetto XVI? Papa mediatico, usa il linguaggio del talk show”

7 ottobre 2012 –

Intervista di Marco Leardi –

Ogni settimana lo vediamo parlare di fede rivolgendosi a tutti. Non credenti compresi. Rosario Carello è il volto più rappresentativo dell’informazione religiosa di Rai1. Dal 2008 conduce A Sua Immagine, il programma d’approfondimento culturale in onda il sabato pomeriggio alle 17.10 e la domenica mattina dalle 10.30. La sua è una vocazione e una sfida allo stesso tempo: in un contesto socio-mediatico che trascura la spiritualità, Rosario riesce a portare in tv la testimonianza cristiana e il racconto dei grandi eventi ecclesiali. Il riscontro di pubblico è positivo e crescente, ma – come il giornalista ha raccontato a DM – non si tratta di un ‘miracolo’. Il segreto, infatti, sta in buona parte nell’approccio utilizzato dal suo programma.

Abbiamo cercato un modo popolare per raccontare la fede, che nel nostro Paese è un fatto rilevante per tante persone. Il sabato pomeriggio, ad esempio, presentiamo le storie quotidiane di chi, grazie al Vangelo, ha fatto qualcosa di importante. La gente, anche se non sembra, ha dei motivi per pregare e per farsi delle domande di fede. Questi interrogativi nessun programma li pone e noi invece lo facciamo, con un successo che ci dà ragione: negli ultimi quattro anni abbiamo raddoppiato gli ascolti.

Da chi è composto il vostro pubblico?

Per la stragrande maggioranza è fatto da persone che credono, ma abbiamo anche una componente di telespettatori non credenti, che si dividono equamente in due categorie: da un lato ci sono quelli in ricerca, dall’altro c’è chi vuole conoscere il fatto religioso non ancora per fede, ma per cultura.

Oggi anche molti programmi di divulgazione parlano di spiritualità, miracoli ed esoterismo. Come giudichi il loro approccio all’argomento?

Io non critico il lavoro di nessuno, in tv c’è spazio per tutti. Da giornalista dico che, in generale, bisogna raccontare i fatti per quello che sono, non piegarli al proprio interesse. La fede è un incontro col soprannaturale, quindi se c’è un miracolo è giusto documentarlo. Ma se vengono messi in luce solo alcuni aspetti e tralasciati altri, si mortifica il protagonista del miracolo e lo si usa in modo strumentale.

Con A Sua Immagine hai racconto degli importati eventi di fede, come la beatificazione di Giovanni Paolo II. Come li hai vissuti, da giornalista e credente?

Il mio primo impegno è quello di rendere al telespettatore la grandezza di quegli eventi, mi piace pensare che egli possa viverli intensamente, come accade di solito con una partita di calcio. Se c’è la beatificazione del Papa, la gente a casa deve ’sentirla’ vicina, come se vi assistesse in Piazza San Pietro. Il mio compito è quello di far arrivare e comprendere il messaggio. Da credente, poi, mi rendo conto che sono testimone diretto di fatti straordinari e questo è un grandissimo privilegio.

Di recente il Vaticano è finito nella bufera per la fuoriuscita di documenti riservati del Papa. Nella risoluzione del caso, credi che la Santa Sede si sia comportata adeguatamente dal punto di vista comunicativo?

Penso che Padre Lombardi (portavoce vaticano, ndDM) stia facendo bene un lavoro difficilissimo. Negli ultimi anni nessuna Istituzione ha vissuto la sorte capitata al Papa, quella di un tradimento perpetrato dalle persone a lui più vicine. Quando avviene un dramma del genere c’è poco fare gli spin doctor. In questa vicenda, Bendetto XVI ci ha comunicato un grande insegnamento, non a parole ma con la sua dignità. Egli è stato ferito nell’intimo, ma ha reagito in modo signorile, chiedendo che la giustizia facesse il suo corso.

Papa Ratzinger ha una personalità più riservata rispetto al suo predecessore e potrebbe sembrare meno empatico di lui. Questo aspetto ha influito sul tuo modo di raccontare l’attuale pontificato?

Con Giovanni Paolo II bastava un’immagine per raccontare un evento. Tutti, ad esempio, ricordano quando egli si mise a roteare il bastone, come un ‘nonno’ affettuoso tra i giovani. Oggi, invece, abbiamo un Papa che parla meno con le immagini e più con i suoi scritti, con le domande e le risposte. Noi di A Sua Immagine lo sappiamo bene perché nel 2011 abbiamo ospitato un evento esclusivo, nel quale i telespettatori del mondo hanno rivolto delle domande a Benedetto XVI. Una cosa simile è accaduta lo scorso giugno all’Incontro Mondiale delle Famiglie, in diretta su Rai1, e anche in altre occasioni. Non si era mai visto un Papa così mediatico.

Dunque, quello di Ratzinger è anche un linguaggio ‘televisivo’…

Se ci pensi il talk show è fatto proprio da domande e risposte, quindi stiamo in qualche modo dentro ad un linguaggio e ad un genere televisivo.

Il compianto vaticanista Rai Giuseppe De Carli scrisse un libro nel quale intervistava venti Cardinali sul futuro della Chiesa. Non ti piacerebbe riprendere quell’idea e trasformarla in un format tv?

Sicuramente sì, ma non lo farei a Roma né in uno studio televisivo. La gente, infatti, pensa spesso che i Cardinali vivano nei salotti, quando invece, in molti casi, sono impegnati in posti difficilissimi del mondo. Quindi mi piacerebbe sentire un Cardinale cinese nella sua città, o uno africano che sta in mezzo ai malati di Aids, ma anche un italiano… Questo genere di interviste, se tolto dalla finzione televisiva e calato nella realtà vissuta quotidianamente, potrebbe essere una bella idea.

Nel futuro continuerai a raccontare la fede in tv? Che progetti hai?

Io sono un giornalista e il racconto degli eventi è la cosa più mi interessa. Credo che oggi ci siano anche dei nuovi modi per farlo, e la nostra generazioni di cronisti dovrà avere il coraggio di sperimentarli.

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