Quando il PCI diceva: «Non togliete quel crocifisso»

Cr
Natalia Ginzburg: «Non conosco altro che dia il senso del nostro umano destino»

Sembra oggi: il 22 marzo 1988 i giornali hanno in pagina la stessa querelle sul crocifisso.

Interviene un’intellettuale, se non organica certamente vicina al PCI, il Partito Comunista Italiano. Si chiama Natalia Ginzburg, l’autrice di Lessico famigliare.

Titolo del pezzo: Non togliete quel crocifisso.

L’ho sempre trovato un articolo bellissimo.

Lo ripropongo in queste ore

Non togliete quel crocifisso

Natalia Ginzburg per L’Unità del 22 marzo del 1988

Crocifisso in classe
Crocifisso in classe

Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. E’ l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea di uguaglianza fra gli uomini fino ad allora assente.

Il crocifisso è simbolo del dolore umano. La corona di spine, i chiodi evocano le sue sofferenze. La croce che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine nella morte. Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino. Il crocifisso fa parte della storia del mondo. Per i cattolici, Gesù Cristo è il figlio di Dio. Per i non cattolici, può essere semplicemente l’immagine di uno che è stato venduto, tradito, martoriato ed è morto sulla croce per amore di Dio e del prossimo.

Chi è ateo, cancella l’idea di Dio, ma conserva l’idea del prossimo.

Si dirà che molti sono stati venduti, traditi e martoriati per la propria fede, per il prossimo, per le generazioni future, e di loro sui muri delle scuole non c’è immagine. E’ vero, ma il crocifisso li rappresenta tutti.

Natalia Ginzburg
Natalia Ginzburg

Come mai li rappresenta tutti? Perché prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei, neri e bianchi, e nessuno prima di lui aveva detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà tra gli uomini.

Gesù Cristo ha portato la croce. A tutti noi è accaduto di portare sulle spalle il peso di una grande sventura. A questa sventura diamo il nome di croce, anche se non siamo cattolici, perché troppo forte e da troppi secoli è impressa l’idea della croce nel nostro pensiero.

Alcune parole di Cristo, le pensiamo sempre, e possiamo essere laici, atei o quello che si vuole, ma fluttuano sempre nel nostro pensiero ugualmente.

Il crocifisso fa parte della storia del mondo.

Natalia Ginzburg

9 commenti su “Quando il PCI diceva: «Non togliete quel crocifisso»”

  1. Aggiungo, a margine, che Natalia Ginzburg era più di un’intellettuale vicina al Pci: nel 1988 era una deputata della cosiddetta “Sinistra indipendente”, al secondo mandato consecutivo.

  2. Questa volta l’articolo più bello della settimana è di 20 anni fa.
    20 anni fa come 200 come 2000, quella croce è la testimonianza dell’amore più grande.
    Grazie Rosario

  3. Lo ricordo con piacere anch’io, anzi, lo segnalo anch’io 🙂
    Grazie!
    (Ho sempre amato la Ginzburg, come la Fallaci e Montanelli per la sincerità e l’onestà intellettuale con cui ‘scandagliavano’ la realtà.)

    Buonaserata-

  4. Oltre alle meravigliose parole, questo articolo per me nuovo mi da la speranza che se nel 1988 ci fu la stessa polemica e il crocefisso è rimasto, lo si possa fare rimanere al suo posto anche oggi

  5. Il Crocifisso rappresenta non solo la nostra storia culturale e religiosa in senso largo (storia europea, storia del mondo… ), ma anche la storia della nostra vita personale, del nostro umano vivere soggetto ad accogliere le gioie come i dolori provocati in massima parte dalle nostre fragilità. E la Croce è il simbolo di questo umano vivere. Inoltre il Crocifisso appeso alle pareti delle nostre case e degli edifici pubblici c’insegna come affrontare serenamente ogni difficoltà della nostra vita e con fiduciosa speranza. Per questo trovo meraviglioso e stupendo l’articolo della Ginzburg. Maria Grazia

  6. 14.06.2010
    Il Crocifisso ovunque è apposto, è il luogo di transito, per eccellenza, tra noi e il Signore, non c’è posto migliore per pregare, per gioire, parlare, chiedere, promettere, chiedere perdono. Jean-Paul Sartre, lo scrittore, il più ateo degli atei i suoi scritti lo confermano; un giorno gli è capitato tra le mani un libro di San Benedetto, ne rimase folgorato dallo splendore di quegli scritti. Da quel momento ha voluto conoscere più da vicino San Benedetto. Arrivato al Sacro Speco, fece tante domande ai frati, poi si inginocchiò, per più di un’ora, dinanzi la Croce dove il Santo era rimasto per tre anni. Dopo di che ha chiesto di battezzarsi. Quando un male lo impone e per loro la scienza è impotente, anche i più remoti oppositori del Signore chinano il capo, tremano di rabbia perché il loro sapere è nullo e la loro superbia e la loro vita non è valsa a nulla e chiedono, imparando a pregare dinanzi alla Croce. La Croce sembra che non è nulla invece se vorrebbe parlare, sapete quante cose ci potrebbe raccontare. L’esperienza di ciascuno di noi e di tanti Santi ne è la conferma.

  7. il Crocifisso rappresenta la nostra cultura cristiana, perche’ in quella Croce c’e’ racchiuso tutto l’amore di DIO nei nostri confronti , toglierlo dalla parete e come togliere la nostra esistenza Cristiana.

  8. Non conoscevo l’articolo della Sig.ra Ginzburg . Non avevo mai letto niente di più bello e profondo riguardo alla Croce ! Per noi che sin da piccoli siamo abituati a vedere il Crocefisso nelle scuole ed in altri luoghi pubblici sarebbe un vero dispiacere non vederli più. L’articolo della Ginzburg dovrebbe essere letto da quelli che vigliono toglierlo dalle pareti.
    Franca Deflorian

E tu che ne pensi?